(CAVALIERI MARVEL)

 

N° 44

 

LA TEORIA DEL COMPLOTTO

 

(PARTE PRIMA)

 

 

L’OMBRA DEL CAOS

 

Di Carlo Monni

 

 

1.

 

           

 

            Simon Stroud torna a casa. La cosa di per se non sarebbe degna di interesse, se non fosse per il fatto che Simon Stroud non passa molto tempo in questo piccolo appartamento nei sobborghi di New York, visto che la maggior parte del suo tempo è sempre in viaggio da qualche parte. Il suo biglietto da visita lo qualifica come Consulente in Sicurezza, ma questa è solo una parte della verità. Nella sua non lunga vita è stato un agente operativo della C.I.A. e ciò lo ha portato abbastanza spesso in luoghi pericolosi a fare cose che è meglio non sapere. In seguito ha collaborato con l’F.B.I. e le Polizie Locali nella caccia a due personaggi particolari come John Jameson, l’Uomo Lupo,[1] e Morbius il Vampiro Vivente.[2] Oggi Stroud continua ad occuparsi di sicurezza ed ogni tanto accetta incarichi ben pagati dai suoi vecchi datori di lavoro dentro e fuori gli Stati Uniti. Ecco perché vederlo tornare a casa come un comune pendolare è abbastanza insolito.

            Quando apre la porta è stanco e desideroso solo di una buona doccia e di un materasso morbido o si accorgerebbe prima di non essere solo.

-Bentornato a casa Stroud, ti stavo aspettando.-

            Stroud si volge verso la direzione da cui proviene la voce e si trova a fissare la canna di una pistola.

            Ed è proprio qui che potrebbe cominciare la nostra storia.

 

            Spostiamoci, però, a diverse ore prima, in un attico del centro di Manhattan, dove la donna chiamata Elektra Natchios si concede una rilassante doccia prima di iniziare una nuova giornata.

Le ferite che ha riportato nel suo scontro con Tekagi ed i Serpentieri[3] stanno ormai guarendo e quando si guarda allo specchio riesce finalmente a vedere un volto non più segnato da tagli e tumefazioni. Il polso sinistro ha quasi ripreso la sua normale funzionalità e così pure la mano. Per sua fortuna la ferita alla mano destra non ha leso i legamenti ed anche quelle alla coscia destra, alle braccia e sotto il seno sinistro non erano molto profonde. C’è voluto tempo ed una severa riabilitazione, ma ora si sente pronta. Pronta per cosa? Per un'altra missione pericolosa? Solo una settimana fa faceva fatica a tenere in mano una forchetta ed ora vorrebbe usare armi mortali? Forse dovrebbe pensare seriamente a ritirarsi. Ha accumulato abbastanza denaro da poter vivere agiatamente per il resto dei suoi giorni e poi… poi c’è Nina McCabe. Quando ha preso con se quella ragazza si è assunta una grossa responsabilità. Non può continuare ad esporla alla sua vita, al suo mondo fatto di inganni e morte, non sarebbe giusto… oppure si? Nina stessa le ha detto più volte che vorrebbe diventare sua allieva, imparare quello che lei sa, essere come lei.

La tentazione è forte, Elektra lo sa. Un guerriero è nulla se non può trasmettere la sua arte ad un erede. Nina è giovane, entusiasta, facilmente plasmabile e dopo aver assistito all’uccisione dei suoi genitori[4] ha anche il giusto grado di rabbia inespressa e di oscurità nell’anima, le qualità dell’allieva perfetta. Eppure ha il diritto di farle questo? Di distruggere quel po’ di innocenza che le è rimasta e farle coltivare il suo lato oscuro? Ha il diritto di farlo?

Elektra ricorda cosa le ha detto suo fratello Orestez durante il loro ultimo incontro:[5] che lei è una figlia dell’oscurità, che ha abbracciato il buio all’interno della sua stessa anima e se ne è fatta consumare. Se è così, non c’è discussione: non può sfuggire al suo destino, deve essere quello che è.

Con ancora indosso solo l’accappatoio Elektra siede al computer ed esamina la posta, mentre una parte di lei spera, anzi brama che ci sia un nuovo incarico ad attenderla… e non viene delusa.

 

Luke Cage si guarda allo specchio e per l’ennesima volta pensa che forse dovrebbe rasarsi la corta barbetta che porta ormai da un po’, poi sorride alla sua immagine riflessa e scuote la testa, quindi esce dalla stanza da bagno sentendosi fresco e riposato come una rosa.

Mentre lascia l’appartamento messogli a disposizione dalla Rand-Meachum Corporation dopo che il suo è stato fatto saltare in aria,[6] i suoi pensieri corrono ancora una volta agli eventi delle ultime settimane. Qualcuno che fingeva di essere il suo vecchio nemico Gideon Mace l’ha trascinato in una ragnatela di inganni e delitti in cui una donna che conosceva poco, ma a cui aveva cominciato a tenere, ha perso la vita ed altri suoi amici sono rimasti feriti. A quanto pareva, mentre il falso Mace si dava da fare a cercare di farlo fuori, il vero Mace era impegnato altrove a dirottare nientemeno che un treno.[7] Questo lascia ancora senza una vera risposta una domanda o due: se non era Gideon Mace a volerlo morto, allora chi è? E ci riproverà? All’ultima domanda Luke ha già sicuro una risposta: prima o poi i suoi nemici riprovano sempre ad ucciderlo e questo, chiunque sia, non farà eccezione. Nel frattempo lui è ben deciso a vivere la sua vita come se nulla fosse. Ora ha un paio di amici da andare a trovare in ospedale e nulla gli impedirà di essere puntuale a quest’appuntamento.

Sarebbe così sicuro di se, se sapesse che due paia d’occhi interessati stanno seguendo ogni sua mossa? Conoscendolo, probabilmente si.

 

 

2.

 

 

 

            Il suo nome è Reston, Clive Reston, è un agente del leggendario MI6, il Servizio di Spionaggio Estero Britannico e tra non molto potrebbe essere un agente morto.

            Dicono che mentre sei vicino alla morte la tua vita ti passi davanti come in un film compresso in pochi secondi. Se è così, allora i fatti più importanti della vita di Clive Reston sono legati alle due donne, Leiko Wu e Melissa Greville, i cui volti rivede con gli occhi della mente proprio mentre i suoi veri occhi fissano il nero vuoto della canna di una pistola.

-Vorrei poter dire che è stato un bell’incontro, Mr. Reston…- gli sta dicendo una voce sarcastica -… ma in verità non lo è stato.-

            Un attimo dopo la pistola fa fuoco.

 

            Il luogo è un lussuosissimo e rinomato Hotel di Las Vegas. Non esiste una sola persona in questa capitale americana del vizio e del gioco d’azzardo che non sappia che gli ultimi piani di questo edificio costituiscono l’impenetrabile residenza e sede d’affari di uno dei più eccentrici miliardari del globo terracqueo. Per i pochi che non lo sapessero, il suo nome è Harold Howard ed è giudicato a buon diritto l’uomo più ricco del mondo. Lo scopo primario di tutta la sua vita da adulto è stato l’accumulo di ricchezza e potere, un obiettivo raggiunto, ma a prezzo di una serie di ossessioni, di cui quella di utilizzare come residenza un hotel, peraltro di sua proprietà, è di gran lunga la meno interessante. Nel corso degli anni Howard ha sviluppato una vera e propria ossessione per la privacy. Da decenni non circolano sue foto e praticamente tutte quelle esistenti sono state distrutte. Nessuno ormai conosce il suo volto, a parte un gruppo ristrettissimo di persone tra cui spiccano: suo figlio, la sua segretaria personale ed il suo medico. Circola voce che siano state approntaste per lui parecchie identità fittizie che gli consentono di viaggiare e mescolarsi alla gente senza che nessuno sappia chi è realmente… le voci sono vere.

            Una delle ossessioni maggiori di Howard è quella per il controllo. Tempo fa ha deciso che avrebbe portato avanti il sogno del suo mentore, Gregory Gideon, e sarebbe diventato non solo l’uomo più ricco del modo, ma il dominatore dell’economia mondiale. Un sogno ambizioso, direte voi. Non quando si hanno risorse virtualmente illimitate, una volontà di ferro e la pazienza necessaria. Non commettete, però, l’errore di considerarlo una sorta di supercriminale, perché Harold Howard è molto di più di questo: i suoi scopi sono contorti e se non ha il minimo scrupolo a finanziare qualche impresa criminale od a violare qualche legge se lo ritiene necessario, non esita nemmeno a perseguire un personale concetto di giustizia… specie se può ricavarne un ragionevole profitto.

            Qualunque sia lo scopo che sta perseguendo oggi, lui è il solo a conoscerlo con certezza.

-Ogni pedina è al suo posto signore.- gli sta dicendo Miss Wright, l’efficientissima segretaria personale.

-Qualcuno potrebbe trovare… inappropriato riferirsi a degli esseri umani col termine “pedine”, lo sa Miss Wright?- replica Howard.

-Lo so signore.- risponde Miss Wright con un sorriso.

-Bene. Quando i nostri ospiti saranno qui si assicuri che abbiano tutto quanto è necessario e poi li faccia venire da me.-

-Come sempre, signore.-

Dopo che la segretaria è uscita Howard si alza e come fa spesso guarda dall’ampia vetrata antiproiettile il panorama sottostante.

Funzionerà anche stavolta, pensa, e sorride.

 

            Stroud fissa la canna della pistola e replica all’uomo seduto in una delle poltrone del suo salottino:

-John Garrett! Da quale inferno sei sbucato? Aspetta! Non è necessario che tu mi risponda: qualunque cosa passi per la tua mente malata, preferisco non saperla. A proposito, ti aspetti davvero che mi lasci impressionare da quel tuo arnese?-

            L’uomo massiccio di nome John Garrett, sogghigna sotto i folti baffi ed abbassa la sua arma.

-Era solo per fare un po’ di scena- dice –Naturalmente non ce l’ho con te. Anzi, sono venuto a farti una proposta di lavoro.-

-Lavoro? Che tipo di lavoro? Credevo che ormai fossi fuori dal giro. Fury non ti aveva messo in freezer?-

            Garrett sorride ancora e Stroud si trova a pensare che veder sorridere un serpente a sonagli lo farebbe sentire meno inquieto.

-Storia vecchia ormai. Ho bisogno del tuo aiuto, Stroud. Tu sei sempre uno dei migliori in circolazione.-

-Fare l’adulatore non ti servirà a molto. Ripeto: che tipo di lavoro proponi?-

 -Quello che sai fare meglio: ammazzare i cattivi e salvare la Democrazia nel mondo.-

-Molto spiritoso. Hai già provato con James Bond? Mi dicono che lo faccia molto spesso.-

-Era indisponibile… ed anche i suoi figli… almeno per adesso. Ora vuoi smettere di sparare sciocchezze e starmi a sentire?-

-Ok. Sentiamo quel che hai da dire.-

            E Garrett parla.

 

 

3.

 

 

            Un attimo prima Clive Reston stava osservando la bocca di una pistola pronta a far fuoco e si chiedeva due cose: come poteva essere stato così stupido da farsi sorprendere da un tipo come quello e se aveva una sola chance di evitare il colpo. Ora, mentre vede il suo aggressore cadere in avanti e sente il colpo della sua arma andare a vuoto, mentre la lama affilata di un pugnale emerge dalla sua schiena, non può fare a meno di esclamare:

-Ben fatto mia cara. Questo è uno sviluppo che mio padre avrebbe senz’altro apprezzato.-

            La donna orientale stira le labbra in quella che sembra, se mai è possibile, una via di mezzo tra un sorriso ed una smorfia di disgusto e recupera il pugnale dalla schiena della sua vittima dicendo:

-Non perdiamo tempo, Clive. Siamo stati scoperti e ci conviene filare.-

-Non hai tutti i torti, cara Leiko. Peccato per la missione però. Del resto non saremmo certo utili a Sir Denis se ci facessimo uccidere per niente.-

            Così dicendo Reston si tuffa oltre una terrazza. Leiko Wu scuote la testa e poi lo segue.

 

            Torniamo ora indietro a più di 24 ore prima e spostiamoci in un’elegante villa vittoriana nel Sussex in Inghilterra dove troviamo l’anziano padrone di casa che riceve nel suo studio alcuni ospiti.

            Sir Denis Nayland Smith è un uomo molto anziano, abbiamo detto: i presenti non sanno esattamente quanti anni abbia, anche se sono sicuri che siano più di cento, forse anche 130. Alcuni pensano che a mantenerlo in vita sia l’odio irriducibile per il suo arcinemico, il diabolico supercriminale orientale Fu Manchu; altri sospettano che molti decenni fa abbia bevuto una piccola dose dell’elisir di lunga vita del suo avversario. Non abbastanza da mantenerlo eternamente giovane, certo, ma abbastanza per ritardarne l’invecchiamento. Smith non si è mai curato di queste voci, era troppo occupato a combattere il suo nemico e comunque poco importa adesso: ormai l’età non gli lascia scampo. Per muoversi ha bisogno di una superaccessoriata sedia a rotelle, ha bisogno di un’infermiera permanente e di supporti vitali di cui far uso sempre più spesso. Sa che presto morirà, ma non intende concedere a Fu Manchu il lusso di vederlo andarsene senza combattere.

            Davanti a lui in quella fredda giornata inglese sta il suo piccolo esercito composto da veterani di innumerevoli scontri con Fu Manchu e la sua organizzazione: Clive Reston, agente scelto del MI6, sarcastico e tormentato; Leiko Wu, letale e spietata, anche lei agente del MI6; Black Jack Tarr, anziano agente in pensione, ma non per questo meno determinato; Melissa Greville, assistente personale di Sir Denis, la cui famiglia ha conosciuto sulla sua pelle la spietatezza del Dottore del Diavolo e per ultimo Shang Chi, il figlio di Fu Manchu, ma al tempo stesso il suo più mortale nemico.

            Quando Smith parla lo fa con fatica, a voce bassa e prendendosi diverse pause, durante le quali usa un respiratore attaccato ad una bombola piena di ossigeno. La sua voce rimane, però, sempre ferma e sicura:

-Vi ho fatti chiamare...- dice -… perché ho delle nuove informazioni sui rapimenti dei vostri amici e parenti.-

-Era ora.- esclama Clive Reston –Stavo impazzendo a non far niente.-

-Capisco la tua impazienza, Clive…- replica Sir Denis -… ma purtroppo non potevamo colpire alla cieca, era propria quello che Fu Manchu avrebbe voluto. Adesso, però, abbiamo un indizio. A quanto sembra, un carico di grande importanza per Fu Manchu deve arrivare in Cina passando attraverso un’organizzazione che conosciamo molto bene.

-Mi faccia indovinare: gli Spedizionieri Orientali, giusto?-

-Ovviamente, Clive. Noi sappiamo bene che quell’organizzazione è solo un paravento per le operazioni di Fu Manchu, ma a lui non importa affatto che lo sappiamo. Naturalmente sapeva benissimo che la notizia di un carico diretto nella Provincia cinese di Honan, o Henan, come la chiamano oggi, avrebbe attratto la nostra attenzione, visto che è proprio nel cuore dell’Honan che si trova la fortezza di Fu Manchu. Sono convinto che qualunque sia quel carico, sia collegato ai rapimenti e voglio che voi andiate lì e ne scopriate di più.-

-Con tutto il rispetto, Sir…- interviene Clive -.. io direi che si tratta di una trappola..-

-Ma certo che lo è.- se Sir Denis fosse in piena forma, sicuramente avrebbe risposto con voce stentorea e battendo un pugno sul massiccio tavolo di quercia, gesto che accenna appena, strappando un sorrisetto a Reston –Tuttavia non possiamo non seguire questa pista. Bisogna sempre giocare con le carte che ci dà Fu Manchu e sperare di essere più bravi di lui a giocare il suo gioco. Confido, comunque, che sarete abbastanza in gamba da non farvi uccidere o catturate tutti quanti.-

-Da quello che ha detto devo dedurne che si aspetta che accada almeno ad uno di noi?- chiede Leiko.

            Il volto di Sir Denis è severo, quando risponde:

-Quando si tratta di Fu Manchu non escludo mai il peggio, Miss Wu.-

            Non è molto consolante, per noi, pensa Clive Reston. Si guarda intorno: Black Jack Tarr non mostra altro che fiera determinazione e quanto a Shang Chi… è una maschera di impassibilità, ma anche se temesse di essere ucciso, Clive ne è certo, il Cinese non si tirerebbe indietro e neanche lui, se è per quello. In fondo nessuno vive per sempre, giusto… O era: si vive solo due volte? Dovrà chiederlo a suo padre la prossima volta che lo vede… se ci sarà una prossima volta.

 

            Molto lontano da lì una donna alquanto speciale medita su quanto le è accaduto negli ultimi tempi. A quanto pare, non c’è riposo per la Vedova Nera. Che si tratti di missioni per conto dello S.H.I.E.L.D. oppure di qualche guaio coi Vendicatori[8] o ancora di guai che la vengono semplicemente a cercare, un fatto è certo: la sua non è e non sarà mai una vita tranquilla e Natasha Romanov ne è pienamente consapevole. I suoi tentativi di costruirsi una nuova vita sono sempre andati incontro a fallimenti, un po’ per noia ed un po’… per cosa? Destino forse? Lei non dovrebbe credere a cose del genere, vero? Ma a cosa dovrebbe credere? Perché, ad esempio, una come lei si trova ora nella Chiesa Ortodossa di Santa Maria Maddalena a New York? Sta cercando, forse, un’assoluzione impossibile?

            I suoi pensieri sono spazzati via quando vede il Rettore della chiesa circondato da tre uomini non proprio amichevoli. Non l’hanno notata o se ne infischiano, in ogni caso potrebbero aver commesso un errore imperdonabile, anche se ancora non lo sanno. Parlano russo, ma questo non è certo un problema. Vogliono qualcosa dal prete, ma prima che Natasha possa capire cosa, uno dei tre lo colpisce e lo sbatte a terra, poi solleva una specie di bastone e lo cala verso le gambe del prete. Natasha non è abbastanza svelta da impedire il primo colpo, ma prima che il secondo possa essere inferto, un calcio è già arrivato a colpire la schiena dell’aggressore, che cade a terra. Gli aggressori si volgono verso di lei e quel che vedono è una donna ancora giovane dai lunghi capelli rossi e gli occhi verdi, vestita con un elegante abito di quelli che un tempo avrebbero definito “Da passeggio”.

-E tu chi saresti?- dice quello dei tre che sembra il capo branco –Un’impicciona che non capisce qual è il suo bene?-

            Ha parlato in Russo ed è in quella lingua che la Vedova Nera gli risponde:

-Sono quella che ti farà pentire di aver attaccato un uomo indifeso.-

            L’Uomo ride e replica:

-Tu e quale esercito, donna?-

-Non ho bisogno di un esercito contro tre idioti come voi che giocano a fare i gangsters… e nemmeno di armi.-

            Le successive azioni si svolgono troppo rapidamente perché in seguito i tre riescano a ricordarsi di cosa è esattamente successo, fatto sta che in pochi attimi si trovano stesi a terra e non troppo in buono stato.

            Immediatamente Natasha si rivolge al prete:

-Stai tranquillo. Da quel che vedo le hanno rotto il ginocchio destro, ma presto arriverà un’ambulanza.-

-La ringrazio… lei è stata incredibile… ma io la conosco? Non credo che sia una parrocchiana abituale, però il suo volto non mi è nuovo.-

            Natasha sorride. Non è improbabile che il Rettore l’abbia vista in TV dopotutto nel suo costume non è compresa una maschera.

-Che volevano da lei quegli uomini, pope?- gli chiede –Cosa ha a che fare uno come lei con la Mafia Russa?-

            In quel momento ecco entrare i paramedici, chiamati sicuramente, come i poliziotti da qualche cittadino zelante. Ne esistono ancora, pare.

Le domande dovranno aspettare.

 

 

4.

 

 

            Il viaggio da Las Vegas è andato benissimo, pensa Luke Cage, dopotutto non gli capita spesso di viaggiare non solo in prima classe, ma addirittura in un jet privato tutto per lui, non dai tempi del suo sodalizio con Danny Rand perlomeno. In questo momento Luke è decisamente curioso: ha sentito molto parlare dell’uomo che l’ha convocato e la curiosità è stata la molla principale che l’ha spinto a viaggiare sin nel Nevada… non che il compenso offertogli non fosse comunque un buon incentivo.

            Quando entra nel salone ci sono già quattro uomini ed una donna. Riconosce immediatamente Paladin ed Elektra, impossibile non riconoscere quella che è stata la top killer di Kingpin prima di essere uccisa dall’altro aspirante al titolo.[9] È evidente che ora sta bene. Luke ha già visto almeno un paio di suoi conoscenti creduti morti ripresentarsi vivi e vegeti[10] e non si stupisce molto nel vedere che anche lei lo è. L’uomo biondo in giubbotto di pelle, jeans e maglione rosso a girocollo appoggiato ad un angolo a braccia conserte ha un’aria familiare, ma non ricorda di averlo mai incontrato prima o dove possa aver visto la sua faccia; l’uomo dai capelli castani seduto in disparte è un perfetto sconosciuto, ma gli comunica immediatamente la sensazione che non sia uno da sottovalutare. Quanto al gigante baffuto spaparanzato su un divano, se lo avesse già incontrato se lo ricorderebbe, un tipo del genere non passa certo inosservato.

            Paladin gli si fa incontro sfoderando un sorriso apparentemente cordiale:

-Luke Cage!- esclama –Quindi sei anche tu della partita, molto bene. Mi fa piacere rivederti. Devo però dirti che ti preferivo con la pettinatura afro e la catena. Anche la camicia gialla non era male.-

            Luke emette un grugnito e poi risponde:

-La gente cambia, Paladin… tu, invece, sei rimasto il solito buffone, vedo.-

            Paladin fa una risatina e replica:

-Faccio quello che posso, Cage. Ma basta parlare di noi. Conosci gli altri presenti? Sicuramente hai già sentito parlare di Elektra Natchios e forse anche di Simon Stroud…-

            Stroud… si: ora ricorda di aver letto qualcosa.

-Il cacciatore di mostri, giusto?- dice Luke, mentre stringe la mano di Stroud –Devo aver letto un paio di articoli su di te anni fa. Qualcosa su Morbius ed anche su un licantropo dal pelo bianco.-

-Complimenti.- replica Simon Stroud stringendo quella mano d’acciaio –Hai un’ottima memoria, Cage.-

-Sei un ex poliziotto o qualcosa del genere, giusto?-

-Qualcosa del genere, infatti.- Stroud non ha la minima voglia di parlare dei suoi trascorsi di agente della C.I.A. non in questo momento almeno.

            Paladin continua le presentazioni:

-Non credo che tu conosca Rick Mason… ma potresti aver incontrato suo padre qualche volta… Negli ambienti delle spie Rick è noto semplicemente come l’Agente ed i suoi talenti farebbero morire d’invidia James Bond... per quanto riguarda questa specie di armadio vivente… il suo nome è John Garrett ed era un agente S.H.I.E.L.D. finché… perché Fury ti ha sbattuto fuori John? Instabilità mentale, giusto?-

            Garrett risponde in una maniera irriferibile per orecchie troppo delicate, poi tende la mano a Luke.

-Dicono che tu sia una specie di uomo d’acciaio, beh nemmeno io scherzo.-

            La stretta di Garrett è forte, troppo forte per essere quella di un uomo normale, pensa Cage, che dopo un attimo di sorpresa rafforza la sua stretta senza dar segno di disagio. I due uomini continuano a stringere fissandosi senza dire una parola, poi Luke dice:

-Senti: che ne dici di piantarla qui? Se volevi dimostrare qualcosa, perché non facciamo finta che me l’hai dimostrata e passiamo oltre?-

            Garrett ride e lascia la presa.

-Sei un tipo in gamba, Cage. Ed hai una stretta niente male direi.-

            Alle loro spalle Elektra commenta:

-Queste esibizioni di orgoglio maschile non le ho mai capite.-

-Non è la sola Miss Natchios.- interviene una voce femminile. Da una porta apertasi improvvisamente esce una giovane donna che aggiustandosi gli occhiali dice ancora:

-Sono Miss Wright, l’assistente personale di Mr. Howard, vi prego di seguirmi. Sarete ricevuti subito.-

            Con un evidente sguardo di ammirazione rivolto alla ragazza Paladin la segue e si rivolge sottovoce a Rick Mason e Luke accanto a lui:

-Un bel bocconcino, vero? Assistente personale ha detto… mi chiedo quanto personale.-

            Gli altri non si prendono nemmeno la briga di rispondergli.

 

            Il vantaggio di essere ricco è che puoi prenderti una vacanza, quando ti va ed il vantaggio di lavorare nel campo dell’alta finanza è che anche quando gli affari non ti vanno benissimo e la tua azienda ha dei debiti ti rimangono comunque abbastanza soldi da permettertela quella vacanza. Per Marc Spector, alias Steven Grant, alias Jake Lockley, alias Moon Knight era proprio il momento di prendersi un po’ di riposo. La sua ultima avventura africana aveva comunque lasciato degli strascichi: le ferite che il suo vecchio amico e compagno d’armi Jean Paul Duchamp, detto “Frenchie” aveva subito per mano del licantropo Jack Russell[11].si erano aggravate dopo aver sopportato un viaggio in Burunda e ritorno. Per fortuna non è in pericolo di vita, ma ciò non ha impedito che a Marc rimanessero dei sensi di colpa. Anche lui e Marlene erano rimasti feriti nello scontro col licantropo, ma per fortuna in modo lieve. Si stavano appena rimettendo quando sono stati attaccati dal suo arcinemico Raoul Bushman.[12] Per fortuna adesso tutto è finito e Bushman è in carcere, anche se Marc non è molto ottimista sul fatto che ci rimanga a lungo.

Lui e Marlene avevano proprio bisogno di riposarsi in questa piccola isola dei Caraibi e lasciarsi, almeno per un po’, i guai alle spalle. Purtroppo i guai hanno la particolarità di seguire sempre certe persone…persone come Marc Spector.

            È una specie di sesto senso quello che fa passare un brivido lungo la schiena di Spector od un residuo dei poteri paranormali che un tempo aveva? Marc non lo sa, ma ha la fastidiosa sensazione di essere osservato, anche se non c’è nessuno in vista.

            Su un terrazzino non troppo lontano, una figura abbassa un binocolo e rientra in una stanza. Ha visto abbastanza. Il tempo della vendetta arriverà presto.

 

            Arrivare in Svizzera era stata, naturalmente, la parte più semplice. Seguendo le indicazioni del loro contatto locale, avevano raggiunto uno chalet non lontano Gstaad e Clive si era offerto volontario per introdurvisi e ritrovarsi, quindi a spiare un meeting di mercanti d’armi internazionali, uno di quelli a cui si sarebbe aspettato di veder comparire da un momento all’altro il suo vecchio amico Carlton Velcro, se lui stesso non lo avesse ucciso un po’ di tempo prima.[13] Il destino lo aveva tradito sul più bello, facendogli mettere il piede su una mattonella sconnessa, proprio il classico tipo di stupido incidente che capita nei film d’avventura. Soffocando un’imprecazione Clive si erra gettato dal terrazzo solo per ritrovarsi bloccato da un colpo vibrato alla sua gola col taglio di una mano. Un millimetro più in basso e si sarebbe ritrovato con la carotide schiacciata, ma il suo aggressore era stato troppo precipitoso ed il colpo non gli aveva provocato danni permanenti, Reston, tuttavia era caduto in ginocchio semiparalizzato dallo shock e dal dolore, senza nemmeno riuscire a gridare. Con meticolosità l’uomo lo aveva perquisito ed aveva trovato la sua patente di guida.

-Clive Reston, cittadino britannico. Conosco il tuo nome: sei un agente del MI6.-

            Tanti saluti alla segretezza: ma quanti erano quelli che sapevano cosa faceva per vivere? Sempre uno di troppo, purtroppo.

            L’uomo gli aveva puntato la pistola in mezzo agli occhi ed era stato allora che aveva detto:

-Vorrei poter dire che è stato un bell’incontro, Mr. Reston… ma in verità non lo è stato.-

            Ed era stato allora che era intervenuta Leiko Wu, per sua fortuna, o altrimenti adesso non starebbero correndo per salvarsi la vita.

-Qualche idea brillante per cavarci dagli impicci?- chiede Clive.

-Sta zitto e continua a correre!- urla Leiko.

-Agli ordini Madame.-

            Corrono a zig zag per evitare le pallottole che provengono da un gruppo di inseguitori alle loro spalle e si buttano lungo uno scosceso pendio innevato.

-A mio padre capitò qualcosa di simile un paio di volte.- commenta Clive –Ma lui aveva gli sci e...-

-Ti ho detto: sta zitto!-

            Leiko si volta e spara un paio di colpi contro gli inseguitori, poi continua a correre. Nel frattempo Clive l’ha imitata ed ha già freddato altri due scagnozzi, quando lei lo raggiunge.

            Continuano a correre finché non raggiungono la strada sottostante e lì trovano ad attenderli quella che sembra una Jaguar XK8, ma non tutto è sempre quel che sembra nel mondo di Clive Reston e Leiko Wu.

            Le portiere si aprono ancor prima che loro le siano arrivati vicino ed una voce imperiosa ordina:

-Salite!-

            I due agenti non si fanno ripetere l’invito esaltano a bordo. L’auto riparte a tutta velocità, una velocità ben superiore a quella di qualunque comune auto sportiva e non.

-Hai sempre un grande talento nel metterti nei guai Reston.- commenta Black Jack Tarr seduto al posto di guida.

-Anch’io sono felice di vederti, Tarr, vecchio mio.- commenta Clive –E sono soprattutto contento di vedere che ti hanno recapitato questo gioiello appena in tempo.

-Sei riuscito a scoprire qualcosa di utile prima di farti quasi ammazzare?-

-Qualcosina si. Quanto sarà utile non lo so, però, non ora che i nostri avversari hanno scoperto il nostro gioco.

-Quanto a quello… scommetto che Fu Manchu ne era al corrente fin da prima che partissimo per Londra. A proposito… sapevi che sua figlia è evasa dalla prigione di massima sicurezza in cui era detenuta dopo il suo rendez vouz a casa di Sir Denis?-[14]

-Mi sorprende che ci abbia messo tanto tempo, a dire il vero. Ci penseremo in seguito, ora abbiamo un viaggetto da fare.-

 

 

5.

 

 

            In questi giorni di paure e paranoie per possibili attentati introdursi di nascosto in un edificio pubblico dovrebbe, in teoria, essere quasi impossibile… sempre ammesso che tu non sia la Vedova Nera, beninteso.

            Introdursi nella sede della Procura Distrettuale di Manhattan non è stato difficile per Natalia Alianovna Romanova, come non lo è trovare proprio l’ufficio che cerca e l’uomo che cerca.

-Posso parlarle, Sergente?-

            Brady O’Neil, Sergente Detective della Squadra Investigativa del Procuratore Distrettuale salta sulla sua sedia e si gira di scatto:

-Chi diavolo?- esclama.

-Si calmi Sergente, non ho cattive intenzioni.- dice Natasha con voce tranquilla –Dovrebbe riconoscermi: sono la Vedova Nera e se serve ho la mia tessera di Vendicatore per provarlo.-

-Certo che ti riconosco, non sono nato ieri. Ma perché voi supereroi non usate le porte e non prendete appuntamento come le persone normali?-

-Forse perché non siamo tanto normali. Mi scusi sergente, Devil ha detto che lei è uno in gamba ed io bisogno di informazioni sulle gang della Mafia Russa.-

-Che c’è? Adesso non ti bastano più i supercriminali o gli intrighi spionistici a cui sei abituata, vuoi provare ad abbassarti al livello della strada?-

            A parlare è stato un nuovo arrivato. La Vedova Nera si sofferma a studiarlo. A prima vista non ha proprio un bell’aspetto: indossa un vestito stazzonato in cui sembra che abbia dormito dentro negli ultimi giorni, una camicia spiegazzata con qualche macchiolina di unto qua e là. Le farebbe venire in mente il Tenente Colombo, ma più che a Peter Falk assomiglia a Jerry Lewis, con in più un’espressione triste.

-Beh, ti sei mangiata la lingua?-

-Stavo solo riflettendo, Tenente Rucker.- replica Natasha.-

-Vedo che mi conosci.-

-Tenente Terenzio Oliver Rucker, capo di una delle squadre dell’Organized Crime Control Bureau del Dipartimento di Polizia di New York. Si è diplomato all’Accademia di Polizia un bel po’ d’anni fa. Irriverente, insofferente, indisciplinato. I suoi compagni di corso hanno fatto tutti più carriera di lei. Pare che abbia fallito almeno due volte gli esami per essere promosso capitano e si dice che l’avrebbero mandata in pensione anticipata se il suo vecchio amico Arthur Stacy non fosse diventato Commissario…-

-Se ne dicono tante ed il vecchio Arthur è troppo signore per degnarsi di rispondere a certe scemenze… ed io troppo pigro.- Rucker fa un sorriso sornione -Adesso che abbiamo capito che, da brava spia, sai di me tutto quello che c’è da sapere, ti dispiacerebbe dirci a che dobbiamo l’onore della tua visita?-

            E Natasha racconta dell’aggressione al prete ortodosso che ha sventato poco prima.

-Ho sentito di quella faccenda.- commenta Rucker –Torno a chiederti: perché ti interessa tanto? È perché sei Russa anche tu?-

-Anche per quello, ma non solo. È da un po’ che mi chiedo se a forza di occuparmi di intrighi internazionali, aspiranti conquistatori del mondo e qualche occasionale invasione aliena non abbia perso di vista altre cose altrettanto importanti. Tempo fa ho sventato un traffico di ragazze inviate qui dalla mia madrepatria per prostituirsi [15] ed ho giurato che non avrei permesso a quei vermi di spadroneggiare dove vivo, se avessi potuto impedirlo.-

-Benvenuta nel club. Noi ci proviamo da… beh da sempre credo… ed i risultati non sono sempre così incoraggianti. Non penserai di saper far meglio della Polizia o del F.B.I.? Quei tizi non sono come le spie od i criminali colorati con cui hai a che fare di solito… per molti versi sono peggio. Proprio ora c’è in corso una guerra per il potere . I Russi stanno facendo fuori un sacco di gente ed i cinesi non sono da meno.[16] Meglio che i buffoni in costume come te ne stiano fuori prima di complicare ancor di più le cose.-

Lei ferisce il mio orgoglio, Tenente… credevo che le piacessero i ragni.-

            Rucker fa una smorfia ed agita una mano come a scacciare qualcosa di invisibile.

-Beh, non nego che talvolta voi signori dai costumi colorati sapete essere utili. Ora, però, farai meglio ad andartene, ragazza: io e O’Neil abbiamo da fare. Se non lo sai, c’è in giro un pazzoide che sta seminando morti a ripetizione ed io voglio inchiodarlo il prima possibile[17]. Non ho tempo da perdere: mi è appena venuto in mente che forse ho lasciato aperta la finestra del mio ufficio in Centrale e di certo non vorrei che durante la mia assenza qualche intruso ne approfittasse per penetrarvi e consultare gli schedari sulla Mafia Russa.-

            La Vedova Nera si lascia scappare un sorriso divertito salutando un Rucker sogghignante.

-Non credi di aver esagerato Terenzio?- gli chiede O’Neil.

-Uhm… se quella ragazza darà un po’ di fastidio ai Russi, mentre noi ci occupiamo dei cinesi e del Mangiapeccati non mi lamenterò di certo e poi… come dirlo?... ha delle cose che l'Uomo Ragno non ha.-

-Ah questo è certo!- esclama, ridendo, O’Neil.

-Su andiamo a questa benedetta riunione. Che ne dici se poi, dopo aver staccato, ci troviamo al solito bar per farci un goccetto con gli altri ragazzi?-

-Ehi sono Irlandese, ricordi? Ci svezzano a Whiskey, noialtri.-    

            Rucker fa l’occhietto al collega ed entrambi si avviano verso la sala riunioni per l’incontro col Procuratore Distrettuale.

 

            Uno dei vantaggi del lavorare per il tuo governo consiste nelle spese pagate e nessuna difficoltà nel trovare un mezzo di trasporto per qualunque sia la tua destinazione, nel caso in specie un piccolo jet privato. Sono i piccoli piaceri della vita che a Clive Reston piace assaporare quando può.

            Quanto ai suoi compagni di viaggio: Leiko Wu la pensa essenzialmente come lui; Shang Chi si cura decisamente poco di queste cose e Black Jack Tarr… beh Tarr ha a cuore solo la missione e la missione li sta portando a…

-Boca Caliente? Perché mai dovremmo finire a Boca Caliente?- sbotta Tarr.

-Non fare l’ignorante Tarr.- replica serafico Reston –Sai bene quanto me cos’è... o meglio cos’era Boca Caliente: una piccola isola dei Caraibi, appena sotto Cuba. La chiamavano l’Isola dell’A.I.M. perché quel gruppetto di supergeni che amano andare in giro con un casco da apicultore in testa ne aveva fatto il proprio stato personale dopo aver praticamente sterminato buona parte della la popolazione indigena. Era diventata il più grande mercato di armi superscientifiche del mondo, tra le altre cose.-

-Fai bene a parlarne al passato, perché Boca Caliente non esiste più: è stata distrutta un po’ di tempo fa in uno scontro tra i Vendicatori e l’A.I.M. a causa dei poteri instabili di un affare chiamato Cubo Cosmico.

-Non del tutto esatto.- replica Clive: è rimasta una piccola isola artificiale sotto cui esisterebbe un passaggio che permetterebbe di accedere alle energie del cubo cosmico[18] ed è a quello che Fu Manchu sta cercando di arrivare. Non credo che ci sia bisogno di dirvi cosa potrebbe accadere se ci riuscisse.-

            A rispondere è solo un preoccupato silenzio.

 

            L’ampio salone è percorso dal sommesso mormorio delle voci dei presenti, ma Harold Howard sembra non badarci. Seduto nella sua ampia poltrona dirigenziale in pelle nera volge le spalle agli uomini e donne presenti e guarda il panorama di Las Vegas senza parlare per lungo tempo, poi…

-Immagino che alcuni di voi si chiederanno perché vi ho fatti venire qui.- dice.

-A dir la verità, amico, io me lo chiedo.- replica Luke Cage –Conosco la tua fama, Howard e non mi piace quello che dicono di te e dei tuoi metodi.-

-Non le chiedo la sua approvazione, Mr. Cage, ma solo i suoi servizi e le assicuro che saranno ben retribuiti e che non sarà implicato in nulla che possa urtare la sua suscettibilità morale, anzi...-

-Ok, diciamo che sono curioso. Ti ascolterò, ma se non mi piacerà quello che hai da dirmi, me ne andrò da qui, non importa quanto sei disposto a pagare.-

.-Mi pare onesto... e lei che mi dice Miss Natchios?-

-Pochi si sono preoccupati dei miei scrupoli morali finora.- risponde Elektra –Ma lei sa che accetto solo i lavori che mi interessano ed al prezzo che stabilisco io.-

-.Mr. Stroud…-

-Non capisco cosa possa volere da uno come me, ma la starò a sentire… per ora.-

-Molto bene. Allora statemi a sentire, signori, perché la posta in gioco è davvero molto importante e credetemi, non sto scherzando.-

            E quando ha finito di parlare nessuno di loro ha molta voglia di ridere.

 

 

 

FINE PRIMA PARTE

 

 

            Rieccoci nuovamente tra voi dopo tanto tempo per riannodare le file delle vite dei nostri personaggi.

            Come al solito, un po’ di note per aiutarvi a capire meglio il nostro scenario.

1)       In teoria dovreste conoscere tutti i nostri personaggi, ma forse vi occorre un po’ d’aiuto per ricordarvi chi è Simon Stroud. Creato da Tony Isabella & Gorge Tuska nell’ormai lontano 1974, Stroud era un ex agente della C.I.A. che in qualità di membro di una non meglio identificata Squadra Speciale (una task force federale forse?) collaborò prima con la Polizia di New York nel dar la caccia all’Uomo Lupo, alias John Jameson, e poi con quella di Boston nello sgominare una sorta di epidemia di vampirismo di cui si riteneva essere responsabile Michael Morbius. Dopo queste vicende Stroud è stato per un po’ investigatore privato ed ha anche collaborato occasionalmente con la Vedova Nera per poi finire nell’oblio per diversi anni, salvo essere infine ripescato negli anni 90 nella serie di Morbius dove lo abbiamo trovato in preda ad un forte esaurimento nervoso. Dopo di allora, più niente. Nelle mie storie Stroud si è rimesso in sesto ed ora lavora come Consulente per la Sicurezza e tra i suoi clienti ci sono sia privati che soggetti pubblici. E questo, almeno per ora, è tutto quello vi serve sapere su di lui.

2)       Il Tenente Terenzio Oliver Rucker dell’Organized Crime Control Bureau del Dipartimento di Polizia di New York è una creazione dell’amico Yuri Lucia, uno dei validi autori che si occupano di narrarci le avventure dell’Uomo Ragno (l’altro è Vale AlbaDiggi -_^) e colgo l’occasione di ringraziarlo per avermi concesso di far fare al buon tenente una comparsata in questa storia, dandomi anche l’occasione di citare cosa sta accadendo in altre serie Marvelit.

Nel prossimo episodio: continua la missione di Shang Chi, Clive Reston e tutta la banda del MI6 contro fu Manchu; nuove nubi si addensano su Moon Knight; Cage e soci apprendono in che guai si sono cacciati ed in più… il ritorno di Iron Fist.

            Io ci sarò, non mancate nemmeno voi, mi raccomando.

 

 

Carlo



[1] In Creatures on the Loose #30/37 (Uomo Ragno, Corno #168/185).

[2] In Fear #27/31 (Uomo Ragno, Corno, #156/167).

[3] Nell’episodio #41.

[4] In Elektra Vol 1° #1 (Devil & Hulk #43).

[5] Sempre nel #41.

[6] Nell’episodio #36.

[7] Come illustrato in recenti numeri di Webspinners.

[8] Un riferimento alla lunga saga "Infinity", probabilmente. -_^

[9] No: non vi dirò a cosa mi sto riferendo, se siete dei veri credenti dovete per forza sapere a cosa alludo. -_^

[10] Iron Fist, per esempio.

[11] Come narrato in Midnight Sons #10. Jack Russell è, Per I pochi che non lo sapessero il leggendario “Licantropo di Notte” o “Licantropus”, come fu battezzata la sua serie in Italia.

[12] Negli ultimi episodi di questa serie, dove se no? -_^

[13] Nel episodio #38 per voi che tenete il conto. -_^

[14] Nell’episodio #25.

[15] Nella recente miniserie “Imported from Russia”

[16] Come dettagliato nei recenti episodi di Devil, Uomo Ragno e Ragno Nero.

[17] Maggiori dettagli nei più recenti episodi dell’Uomo Ragno.

[18] Non credeteci sulla parola, andate a controllare su Captain America Vol 1° #440/441 e Avengers Vol 1° #387/388 (su Iron Man & I Vendicatori #8/9).